MFormazione "il FIGLIO dell'UOMO" ARGOMENTO dalla STAMPA QUOTIDIANA

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Rassegna Stampa - L'Argomento di Oggi 2010-01-22

Schifani: "Craxi vittima sacrificale" il presidente del senato: "ha pagato per tutti".

L'Idv: vergognosa beatificazione

La politica commemora il leader socialista. Salta il discorso di Berlusconi. "Evita strumentalizzazioni"

La LETTERA del capo dello stato: "No a rimozioni né distorsioni"

Napolitano:" Su Craxi è giunta l'ora di un giudizio non acritico ma sereno"

Il presidente della Repubblica: "Luci e ombre nella sua vicenda, ma lasciò un'impronta incancellabile"

ST

DG

Studio Tecnico

Dalessandro Giacomo

40° Anniversario - SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

Internet, l'informatore, ll Giornalista, la stampa, la TV, la Radio, devono innanzi tutto informare correttamente sul Pensiero dell'Intervistato, Avvenimento, Fatto, pena la decadenza dal Diritto e Libertà di Testimoniare.. Poi si deve esprimere separatamente e distintamente il proprio personale giudizio..

 

Il Mio Pensiero:

Io sono Socialista, non materialista ma Cattolico convinto e professante!

Ne sono testimonianza i miei siti internet.

Ho vissuto a Milano negli anni '70, da Gennaio 1970 a Giugno 1977:

  • Lavoravo come impiegato in una Azienda di Ingegneria e Costruzione di Impianti Elettrici Industriali, la CEI, ho fatto parte del Consiglio di Fabbrica, del Consiglio di Zona Barona-Porta Napoli-Washington della Fiom
  • Ho abitato a Cinisello Balsamo il cui sindaco era Socialista, giunta di sinistra con il PCI, ed io ero nel direttivo del PSI, dominato dagli Autonomisti di Craxi
  • Ero esponente della Sinistra Lombardiana e di Achilli.
  • Frequentavo anche il Direttivo del PSI di Viale Lunigiana, ed ho vissuto tutto il periodo quando erano Sindaci a Milano Aniasi, Tonioli, Pillitteri.
  • Gli autonomisti di Cinisello mi avevano promesso il posto di dirigente delle Piscine Comunali di Cinisello ( ben 9 ), o in alternativa di Funzionario Sindacale a Legnano; io rifiutai per non essere condizionato politicamente
  • Quindi ho visto direttamente come il PSI gestiva il territorio ed i legami che intesseva.
  • Chiaramente non ho mai pensato o avuto la sensazione che fossero compromessi, perché altrimenti non sarei rimasto Socialista
  • Allo stesso modo il Psi si comportava a livello Milanese ed a livello Nazionale.

In quel periodo cerano iniziative politiche che tendevano a dividere la sinistra per privilegiare il centro sinistra; questa linea non era accettata dalla Sinistra Lombardiana.

Fin tanto che è stato vivo Lombardi il PSI non ha spinto eccessivamente per questo indirizzo, come invece ha fatto dopo la morte di Lombardi.

In quel periodo sono venuto via da Milano perché ho trovato lavoro a Martina Franca.

In quegli anni si sono succeduti avvenimenti politici che hanno fatto deviare definitivamente la linea del PSI verso il Centro Sinistra:

  • Il sequestro ed omicidio di Aldo Moro
  • Tutte le nuove iniziative politiche divergenti da quelle del PCI, che portova avanti la linea del Compromesso Storico
  • Il PSI contestava il Compromesso Storico, perché nei fatti tendeva ad escludere la partecipazione del PCI al governo, proponendosi lui invece come alternativa

Questa divisione nella Sinistrà fu accolta bene dalla DC in quanto limitava la crescita del PCI, anche se comportò l'ascesa al potere di Craxi e del PSI, al Governo di Craxi ed alla Presidenza della Repubblica del Compagno Pertini.

Chiaramente la mia visione politica mi portava invece più a sinistra, perché io non ero per la divisione dei 2 maggiori partiti del movimento operaio, ma non ero certamente favorevole agli extraparlamentari.

Dopo quel periodo non ho più votato PSI, ma come indipendente ho condiviso la linea politica del PCI, e le successive trasformazioni dovute all'evolversi della situazione dell'Italia ed alla caduta del muro di Berlino.

Quindi alla luce della mia esperienza politico sindacale ritengo che Craxi sia stato un Politico di buon livello, che ha fatto valere una certa autonomia dell'Italia dall'America, come testimoniato dal famoso "Rifiuto di Siconella", e che ha condizionato parzialmente la linea politica del centro, indebolendo invece la sinistra.

Io non ho condiviso l'asse che si è andato costruendo con la Fininvest, ma che è stato una conseguena anche delle scelte precedenti a Craxi, in quanto risalenti già al tempo del Sindaco Socialista Aniasi, di far costruire Milano 2, ecc.

Da questi avvenimenti, e dalle altre vicende legate alla Partecipazione al Governo, alla Presidenza del Consiglio, discendono poi tutte le vicende che hanno visto il PSI coinvolto in Tangentopoli, perché l'incremento notevole del peso politico e dei centri di potere ha consentito aggregazioni non più di ispirazione socialista, ma dettate da avidità e corruzione, il tutto nell'assoluto dispregio della base Socialista e degli Elettori, ignari di quanto accadeva nelle stanze del potere.

Fra l'altro Tangentopoli è stato un fenomeno che hanno tentato di giustificare come finanziamento occulto dei Partiti.

Secondo me il finanziamento avrebbe potuto essere accettato se non fosse stato però condizionato dal servilismo e dai patti a favore degli Imprenditori che corrompevano per avidità, e dal comportmento degli ammministratori coinvolti che se ne approfittavano durante il passaggio di mano delle tangenti, per far scivolare nelle proprie tasche parte delle tangenti.

Ora qualcuno vuol paragonare il finanziamento privato occulto dei partiti ai finanziamenti avuti dal PCI da Mosca.

I finanziamenti privati tendono solamente al procacciamento di affari loschi, legati agli appalti.

Il finanziamento Americano e sovietico erano invece tesi a garantire autonomia economica ai partiti per portare avanti ciascuno la propria scelta ideologica.

Per me questo non è assolutamente paragonabile, anche perché mentre a sinistra c'era il finanziamento di Mosca (non senz'altro al PSI), al Centro ed a Destra c'era il finanziamento Americano, il tutto generato da una insana Guerra Fredda, non riconducibile esclusivamente ad una parte, ma ad entrambe le parti Unione Sovietica ed USA.

E' comunque assolutamente innegabile che il PCI si distaccava da Mosca ed aveva una linea politica indipendente, perché perseguiva una linea democratica al Socialismo.

In precedenza pensavo che Craxi potesse essere stato coinvolto indirettamente nella gestione dei finanziamenti, essendo Segretario e non Tesoriere del PSI.

Ma in questo sono stato smentito dalle sue stesse dichiarazioni rese durante il processo di Mani Pulite, di cui ieri 21-10-2010 ho visto, per la prima volta, spezzoni trasmessi dal programma "Anno Zero".

Comunque se io fossi stato al suo posto, sensa voler essere migliore o peggiore di lui, mi sarei assunto tutte le responsabilità per il finanziamento al Partito, restando in Italia, non espatriando.

Purtoppo lui non lo ha fatto e sono rimasti notevoli buchi neri sulle notevolissime somme ( forse più di qualche centinaio di miliardi) gestiti all'estero su conti nascosti, da persone non socialiste ma legate al segretario del PSI.

Inoltre io non mi sarei fatto carico della corruzione di coloro che non erano affatto Socialisti, ma gente di malaffare e delinquenti.

Anzi ne avrei richiesto la punizione, difronte ad un movimento operaio che viveva grossissimi sacrifici, con una inflazione galoppante, con un estremismo particolarmente perverso, in presenza stragi di Stato, delitti, mafia, ecc. .

Il giudizio non spetta a me, ma io la penso diversamente, e bene ha fatto la magistratura a perseguire Tangentopoli.

E non mi si venga a fare l'esempio di Mannino, che è stato riconosciuto innocente dopo 18 anni.

Per chi fa politica i rischi fanno parte delle scelte di vita, non solo dunque i meriti e i benifici, se capita poi un processo lungo, pazienza.

Comunque se fosse stato in vigore la nuova legislazione non ne sarebbe uscito bene, perché oggi è riuscito a dimostrare dopo più giudizi di colpevolezza la sua innocenza, mentre con il solo primo giudizio, inappellabile, della nuova legge, sarebbe stato dichiarato colpevole e basta.

Peccato che oggi, che stiamo rivivendo il medesimo sistema di corruzione, c'è gente che si lamenta dei magistrati, invece dei corrotti, e si pensa alle garanzie dei corrotti e non della gente onesta, che sta vivendo sulla propria pelle una crisi derivata dalla massima espressione parassitaria del sistema economico, ovvero da quello finanziario e perverso che privilegia la rendita al lavoro ed all'impresa.

Così se poi capita che qualcuno viene invischiato e si trova nei processi che durano a lungo, la colpa viene fatta ricadere esclusivamente sulla magistratura dandole dell'incapace di accelerare i processi.

Inoltre si da la colpa alla sinistra per non aver fatto le leggi, dimenticandosi che dal 2001 ad oggi, la desta è stata al potere per ben 6 anni e 6 mesi, contro 2 anni del centro sinistra, ovvero la destra 3,5 volte più a lungo del centrosinistra.

Allora oggi il potere sceglie la logica che è meglio prescrivere i processi anziché celebrarli con tempi lunghi, facendo ricadere la colpa sulla Magistratura.

Non si pensa che processi andrebbero accelerrati innanzi tutto informatizzando tutto il sistema, poi impedendo lo slittamento ripetuto delle udienze per motivi vari.

Di fronte ad un programma ben preciso da stilare in prima udienza, qualche posposizione ed anticipo di punto programma potrebbe essere tranquillamente assorbito nei tempi prestabiliti, senza consentire ritardi.

Inoltre risulta del tutto indispensabile il potenziamento degli organici, magistrati, cancellieri, personale ausiliario, polizia giudiziaria, attrezzature, sedi, ecc.

Se alle imprese, agli artigiani, ai professionisti, ai commercianti, ai cittadini, non vengono riconosciuti in tempi rapidi i giusti crediti da appalto, lavoro, vendita, ecc. se ne approfitterà il malaffare, la corruzione, la mafia, la delinquenza che cercherà di allungare i tempi della giustizia all'inverosimile fino alla estinzione del processo.

Per. Ind. Giacomo Dalessandro

AVVENIRE

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http://www.avvenire.it

2010-01-19

 

 

 

CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2010-01-19

il presidente del senato: "ha pagato per tutti". L'Idv: vergognosa beatificazione

Schifani: "Craxi vittima sacrificale"

La politica commemora il leader socialista. Salta

il discorso di Berlusconi. "Evita strumentalizzazioni"

Bettino Craxi

Bettino Craxi

ROMA - Bettino Craxi fu la "vittima sacrificale" offerta per risolvere una crisi "morale e istituzionale" che riguardò "l'intero sistema politico". Il presidente del Senato, Renato Schifani, ha ricordato così il leader socialista durante un convegno organizzato a Palazzo Madama, in occasione del decimo anniversario della morte di Craxi. Ha parlato a una platea numerosa Schifani: a Palazzo Madama erano presenti il premier Silvio Berlusconi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, tanti politici e diversi giornalisti. Troppo piccola la biblioteca del Senato per contenere tutti gli invitati: per questo è stata allestita un'altra sala al primo piano. "A ciascuno di noi - ha detto il presidente del Senato - il compito di riflettere su Craxi e su una stagione drammatica che non ha consentito di valutare con serena obiettività comportamenti diffusi, non solo nelle responsabilità personali". Secondo Schifani "per Craxi non ci furono sconti. Ha pagato più di ogni altro colpe che erano di un intero sistema politico".

BERLUSCONI NON INTERVIENE - Seduto in prima fila, Berlusconi ha scelto la linea del silenzio.

Silvio Berlusconi abbraccia Stefania Craxi (LaPresse)

Silvio Berlusconi abbraccia Stefania Craxi (LaPresse)

Il premier ha ascoltato tutti gli interventi della prima parte della cerimonia intrattenendosi per circa un’ora in sala ma, invitato dal moderatore Michel Martone a parlare, ha rifiutato con un cenno della mano e del capo. Il Cavaliere ha però calorosamente abbracciato Stefania Craxi al termine del suo intervento. E proprio la figlia del leader socialista ha spiegato poi perché il presidente del Consiglio abbia preferito non prendere la parola: Berlusconi "ha voluto evitare le strumentalizzazioni che inevitabilmente sarebbero seguite", ha detto Stefania Craxi. "Con la sua presenza ha voluto onorare ancora una volta il suo amico Bettino" ha aggiunto. Al termine della commemorazione, il premier ha salutato tra gli altri anche l'ex governatore della Regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco. "Ho sofferto molto per te" gli ha detto il presidente del Consiglio, alludendo al coinvolgimento di Del Turco nell'inchiesta sulla sanità regionale. Quanto al Partito democratico e a Pier Luigi Bersani, è stata sempre Stefania Craxi, intervenendo a Il Fatto del giorno, a voler sottolineare: "La sua prima dichiarazione Bersani se l'è rimangiata e stamattina ha inviato al Senato il capo della sua segreteria politica. Si è dovuto rendere conto che la commemorazione di Bettino Craxi è un fatto politico che necessitava una risposta politica. È un primo passo. Mi auguro che il Pd non abbia l'atteggiamento avuto finora nei confronti della figura di Bettino Craxi".

Bettino Craxi: la vita Bettino Craxi: la vita Bettino Craxi: la vita Bettino Craxi: la vita Bettino Craxi: la vita Bettino Craxi: la vita Bettino Craxi: la vita Bettino Craxi: la vita

LA CELEBRAZIONE - Nel suo intervento su Craxi, Schifani ha ricordato che il leader socialista "per la sua cultura non concepiva la politica al di fuori dei partiti e, pur avendo più di ogni altro compreso le fragilità e la necessità di una riforma del sistema, ad esso rimase fino all’ultimo fedele". Il presidente del Senato ha citato "quel famoso intervento" pronunciato da Craxi il 2 luglio 1992 alla Camera: "Un forte richiamo alla responsabilità collettiva di tutti gli attori del sistema politico di allora di fronte alla crisi morale, istituzionale ed economica che toccava in quei giorni il suo momento più alto". "Una crisi - ha sottolineato Schifani - legata anche a fenomeni diffusi di corruzione della vita pubblica e che, come si vide negli anni seguenti, chiuse l'esperienza della "Repubblica dei partiti", segnandone la fine. Una crisi che vide offerta, da un ceto politico intimorito ed esausto, come "vittima sacrificale", la figura dello statista che qui oggi ricordiamo. E da qui l'aggressione (non solo morale), il processo, la condanna, la forte determinazione a trascorrere gli ultimi anni di vita all'estero e la morte che lo colse in terra straniera". Schifani ha concluso: "Ritengo che gli anni trascorsi ci consentano di esprimere oggi quel giudizio storico più sereno e obiettivo che quei momenti drammatici ormai lontani non consentirono di dare".

Craxi, manifestazione Idv a Milano Craxi, manifestazione Idv a Milano Craxi, manifestazione Idv a Milano Craxi, manifestazione Idv a Milano Craxi, manifestazione Idv a Milano Craxi, manifestazione Idv a Milano Craxi, manifestazione Idv a Milano Craxi, manifestazione Idv a Milano

"VERGOGNOSA BEATIFICAZIONE" - L'Italia dei Valori sul piede di guerra. "In questo momento non si sta dando una lettura più serena di quegli anni, ma più falsa e più distorta" ha detto Antonio Di Pietro, replicando a chi gli chiedeva della lettera che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato ieri alla vedova di Craxi e delle celebrazioni di questi giorni per il decennale della morte del leader socialista. Per l'ex pm si sta "osannando un delinquente latitante". "È sufficiente dire che Craxi fu un gigante, e così sarà ricordato, mentre Di Pietro è e resta uno gnomo", è stata la replica del portavoce del Pdl Daniele Capezzone. Torna sulla lettera del presidente della Repubblica alla vedova di Craxi anche il dipietrista Massimo Donadi. Che in una missiva a sua volta inviata a Napolitano e pubblicata sul suo blog afferma di dissentire "rispettosamente, ma totalmente" dal contenuto della lettera del capo dello Stato. "Da Lei - ha scritto Donadi rivolgendosi a Napolitano - mi sarebbe piaciuto sentire un discorso diverso, che potesse contribuire a riedificare moralmente questa martoriata Repubblica. Un discorso che dicesse con chiarezza, una volta per tutte, che il politico, tanto più se uomo di governo, presta un giuramento solenne verso il popolo che rappresenta. Un giuramento di onestà, di trasparenza e di lealtà. E che quando viola, così gravemente e amorevolmente, questo giuramento, come fece Craxi, tradisce il suo Paese ed il suo popolo e niente, nemmeno il tempo, la può riscattare". Affondo su Craxi anche da Luigi De Magistris, europarlamentare Idv, che dal suo blog invita riflettere su quella che a lui appare come una riabilitazione strumentale del leader socialista da parte della maggioranza, finalizzata a giustificare la situazione politica dei nostri giorni. "Oggi ci si inchina ad Hammamet per genuflettersi verso Arcore". "È davvero una vergogna la beatificazione di un pregiudicato in una sede istituzionale" ha detto il presidente dei dipietristi al Senato Felice Belisario. "Sono davvero addolorato per quanto sta avvenendo in questi giorni e per il cattivo esempio che la classe politico-istituzionale sta dando ai nostri giovani esaltando la figura di un uomo controverso che la storia non ha ancora giudicato, mentre lo ha condannato la magistratura indipendente".

MANIFESTAZIONI - L'Idv ha preso parte al "No Craxi Day", la manifestazione che si è svolta a Piazza Navona. Una ventina di persone del "Popolo viola" ha anche inscenato una protesta sventolando bandiere e lanciando in aria monetine davanti all'Hotel Raphael a Roma, dove nel '93 anche Craxi fu duramente contestato. Sono stati esposti anche cartelli dalla scritta "Hotel Raphael 30-4-93 io c'ero - Piazza Navona 19-1-2010 io ci sono". Alcuni hanno invece ironizzato sull'intitolazione di una strada a Craxi mostrando su un foglio l'insegna di una via con la scritta: "Via! Bettino Craxi. Latitante". L'Italia dei Valori è scesa in piazza anche a Milano, con un presidio di una decina di militanti davanti al municipio di Palazzo Marino per dire no alla proposta del sindaco Letizia Moratti di intitolare un parco all'ex leader socialista.

Redazione online

19 gennaio 2010

 

 

 

 

La LETTERA del capo dello stato: "No a rimozioni né distorsioni"

Napolitano:" Su Craxi è giunta l'ora

di un giudizio non acritico ma sereno"

Il presidente della Repubblica: "Luci e ombre nella sua vicenda, ma lasciò un'impronta incancellabile"

Craxi e Napolitano (foto d'archivio)

Craxi e Napolitano (foto d'archivio)

ROMA - "Voglio esprimere la mia vicinanza personale in un momento che è per voi di particolare tristezza, nel ricordo di vicende conclusesi tragicamente". Lo scrive il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in una lettera inviata alla signora Anna Craxi in occasione del decennale della morte del leader socialista (il testo integrale sul sito del Quirinale). "Non dimentico - continua la lettera - il rapporto che fin dagli anni '70 ebbi con lui per il ruolo che allora svolgevo nella vita politica e parlamentare. Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni anche sul piano istituzionale. E non dimentico quel che Bettino Craxi, giunto alla guida del Partito Socialista Italiano, rappresentò come protagonista del confronto nella sinistra italiana ed europea. Ma non è su ciò che oggi posso e intendo tornare. Per la funzione che esercito al vertice dello Stato, mi pongo, cara Signora - spiega Napolitano -, dal solo punto di vista dell'interesse delle istituzioni repubblicane, che suggerisce di cogliere anche l'occasione di una ricorrenza carica - oltre che di dolorose memorie personali - di diversi e controversi significati storici, per favorire una più serena e condivisa considerazione del difficile cammino della democrazia italiana nel primo cinquantennio repubblicano".

"NO A RIMOZIONI" - Nella sua lettera Napolitano parla del leader socialista negli anni di Tangentopoli: "L'onorevole Craxi, dimessosi da segretario del PSI, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona". "È stato parte di quel cammino - spiega il Capo dello Stato - l'esplodere della crisi del sistema dei partiti che aveva retto fino ai primi anni '90 lo svolgimento della dialettica politica e di governo nel quadro della Costituzione. E ne è stato parte il susseguirsi, in un drammatico biennio, di indagini giudiziarie e di processi, che condussero, tra l'altro, all'incriminazione e ad una duplice condanna definitiva in sede penale dell'onorevole Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987. Fino all'epilogo, il cui ricordo è ancora motivo di turbamento, della malattia e della morte in solitudine, lontano dall'Italia, dell'ex Presidente del Consiglio, dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti. Si è trattato, credo di dover dire, di aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di almeno un quindicennio di vita pubblica italiana. Non può dunque venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'onorevole Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico - conclude Napolitano -, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'Esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali. Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere...".

"DA NAPOLITANO PAROLE NETTE" - "Apprezzo il sereno messaggio del capo dello Stato, volto a promuovere quella pacificazione generale che è anche nelle mie speranze" ha detto Stefania Craxi, figlia del leader socialista. "Il presidente ha sottolineato un fatto storico. Gli errori che ha fatto li ha pagati molto cari e molto duramente. Come al solito il nostro presidente ha avuto parole nette" ha commentato il segretario del Pd Pierluigi Bersani. "Dobbiamo avere - ha concluso Bersani - la serietà per un approfondimento di quella vicenda storica e di quella personalità". Ha preferito non commentare le parole del presidente della Repubblica il leader Idv Antonio Di Pietro. "Non voglio fare alcuna polemica con il capo dello Stato" ha detto. Più duro il giudizio espresso dal diepietrista Massimo Donadi. "Quelle del Capo dello Stato mi sembrano affermazioni del tipo della Sibilla cumana che cambia il suo senso a seconda di come si mettono le virgole". "Non condivido il giudizio dato su Bettino Craxi dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano" ha detto attraverso una nota il portavoce nazionale della Federazione della Sinistra, Paolo Ferrero.

 

18 gennaio 2010(ultima modifica: 19 gennaio 2010)

 

 

Lettera del Presidente Napolitano alla signora Craxi nel 10° anniversario della scomparsa di Bettino Craxi

C o m u n i c a t o

Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha inviato alla signora Anna Craxi la seguente lettera:

"Cara Signora,

ricorre domani il decimo anniversario della morte di Bettino Craxi, e io desidero innanzitutto esprimere a lei, ai suoi figli, ai suoi famigliari, la mia vicinanza personale in un momento che è per voi di particolare tristezza, nel ricordo di vicende conclusesi tragicamente.

Non dimentico il rapporto che fin dagli anni '70 ebbi con lui per il ruolo che allora svolgevo nella vita politica e parlamentare. Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni anche sul piano istituzionale. E non dimentico quel che Bettino Craxi, giunto alla guida del Partito Socialista Italiano, rappresentò come protagonista del confronto nella sinistra italiana ed europea.

Ma non è su ciò che oggi posso e intendo tornare.

Per la funzione che esercito al vertice dello Stato, mi pongo, cara Signora, dal solo punto di vista dell'interesse delle istituzioni repubblicane, che suggerisce di cogliere anche l'occasione di una ricorrenza carica - oltre che di dolorose memorie personali - di diversi e controversi significati storici, per favorire una più serena e condivisa considerazione del difficile cammino della democrazia italiana nel primo cinquantennio repubblicano.

E' stato parte di quel cammino l'esplodere della crisi del sistema dei partiti che aveva retto fino ai primi anni '90 lo svolgimento della dialettica politica e di governo nel quadro della Costituzione. E ne è stato parte il susseguirsi, in un drammatico biennio, di indagini giudiziarie e di processi, che condussero, tra l'altro, all'incriminazione e ad una duplice condanna definitiva in sede penale dell'on. Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987. Fino all'epilogo, il cui ricordo è ancora motivo di turbamento, della malattia e della morte in solitudine, lontano dall'Italia, dell'ex Presidente del Consiglio, dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti. Si è trattato - credo di dover dire - di aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di almeno un quindicennio di vita pubblica italiana.

Non può dunque venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'on. Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'Esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali. Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere.

Considero perciò positivo il fatto che da diversi anni attraverso importanti dibattiti, convegni di studio e pubblicazioni, si siano affrontate, tracciando il bilancio dell'opera di Craxi, non solo le tematiche di carattere più strettamente politico, relative alle strategie della sinistra, alle dinamiche dei rapporti tra i partiti maggiori e alle prospettive di governo, ma anche le tematiche relative agli indirizzi dell'attività di Craxi Presidente del Consiglio. Di tale attività mi limito a considerare solo un aspetto, per mettere in evidenza come sia da acquisire al patrimonio della collocazione e funzione internazionale dell'Italia la conduzione della politica estera ed europea del governo Craxi: perché ne venne un apporto incontestabile ai fini di una visione e di un'azione che possano risultare largamente condivise nel Parlamento e nel paese proiettandosi nel mondo d'oggi, pur tanto mutato rispetto a quello di alcuni decenni fa.

Le scelte di governo compiute negli anni 1983-87 videro un rinnovato, deciso ancoraggio dell'Italia al campo occidentale e atlantico, anche di fronte alle sfide del blocco sovietico sul terreno della corsa agli armamenti ; e videro nello stesso tempo un atteggiamento "più assertivo" del ruolo dell'Italia nel rapporto di alleanza - mai messo peraltro in discussione - con gli Stati Uniti. In tale quadro si ebbe in particolare un autonomo dispiegamento della politica estera italiana nel Mediterraneo, con un coerente, equilibrato impegno per la pace in Medio Oriente. Il governo Craxi e il personale intervento del Presidente del Consiglio si caratterizzarono inoltre per scelte coraggiose volte a sollecitare e portare avanti il processo d'integrazione europea, come apparve evidente nel semestre di presidenza italiana (1985) del Consiglio Europeo.

Né si può dimenticare l'intesa, condivisa da un arco assai ampio di forze politiche, sul nuovo Concordato: la cui importanza è stata pienamente confermata dalla successiva evoluzione dei rapporti tra Stato e Chiesa.

Numerosi risultano in sostanza gli elementi di condivisione e di continuità che da allora sono rimasti all'attivo di politiche essenziali per il profilo e il ruolo dell'Italia.

In un bilancio non acritico ma sereno di quei quattro anni di guida del governo, deve naturalmente trovar posto il discorso sulle riforme istituzionali che aveva rappresentato, già prima dell'assunzione della Presidenza del Consiglio, l'elemento forse più innovativo della riflessione e della strategia politica dell'on. Craxi. Nel quadriennio della sua esperienza governativa, quel discorso tuttavia non si tradusse in risultati effettivi di avvio di una revisione della Costituzione repubblicana. La consapevolezza della necessità di una revisione apparve condivisa attraverso i lavori di una impegnativa Commissione bicamerale di studio (presieduta dall'on. Bozzi) : ma alle conclusioni, peraltro discordi, di quella Commissione nel gennaio 1985 non seguì alcuna iniziativa concreta, di sufficiente respiro, in sede parlamentare. Si preparò piuttosto il terreno per provvedimenti che avrebbero visto la luce più tardi, come la legge ordinatrice della Presidenza del Consiglio e, su un diverso piano, significative misure di riforma dei regolamenti parlamentari.

Tra i problemi che nell'Italia repubblicana si sono trascinati irrisolti, c'è certamente quello del finanziamento della politica. Si era tentato di darvi soluzione con una legge approvata nel 1974, a più di venticinque anni dall'entrata in vigore della Costituzione. Ma quella legge mostrò ben presto i suoi limiti, in particolare per la debolezza dei controlli che essa aveva introdotto. Attorno al sistema dei partiti, che aveva svolto un ruolo fondamentale nella costruzione di un nuovo tessuto democratico nell'Italia liberatasi dal fascismo, avevano finito per diffondersi "degenerazioni, corruttele, abusi, illegalità", che con quelle parole, senza infingimenti, trovarono la loro più esplicita descrizione nel discorso pronunciato il 3 luglio 1992 proprio dall'on. Craxi alla Camera, nel corso del dibattito sulla fiducia al governo Amato.

Ma era ormai in pieno sviluppo la vasta indagine già da mesi avviata dalla Procura di Milano e da altre. E dall'insieme dei partiti e dei loro leader non era venuto tempestivamente un comune pieno riconoscimento delle storture da correggere, né una conseguente svolta rinnovatrice sul piano delle norme, delle regole e del costume. In quel vuoto politico trovò, sempre di più, spazio, sostegno mediatico e consenso l'azione giudiziaria, con un conseguente brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e giustizia.

L'on. Craxi, dimessosi da segretario del PSI, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona.

Né si può peraltro dimenticare che la Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo - nell'esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell'on. Craxi - ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il "diritto ad un processo equo" per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea.

Alle regole del giusto processo, l'Italia si adeguò, sul piano costituzionale, con la riforma dell'art. 11 nel 1999. E quei principi rappresentano oggi un riferimento vincolante per la legislazione nazionale e per l'amministrazione della giustizia in Italia.

Si deve invece parlare di una persistente carenza di risposte sul tema del finanziamento della politica e della lotta contro la corruzione nella vita pubblica. Quel tema non poteva risolversi solo per effetto del cambiamento (determinatosi nel 1993-94) delle leggi elettorali e del sistema politico, e oggi, in un contesto politico-istituzionale caratterizzato dalla logica della democrazia dell'alternanza, si è ancora in attesa di riforme che soddisfino le esigenze a cui ci richiama la riflessione sulle vicende sfociate in un tragico esito per l'on. Bettino Craxi.

E' questo, cara Signora, il contributo che ho ritenuto di dover dare al ricordo della figura e dell'opera di suo marito, per l'impronta non cancellabile che ha lasciato, in un complesso intreccio di luci e ombre, nella vita del nostro Stato democratico.

Con i più sinceri e cordiali saluti".

Roma, 18 gennaio 2010

 

REPUBBLICA

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http://www.repubblica.it

2010-01-19

Ressa di politici. Berlusconi ascolta ma non interviene,

poi abbraccia Del Turco: "Ho sofferto per te"

Craxi commemorato in Senato

Schifani: "Fu vittima sacrificale"

La figlia Stefania: "Il messaggio di Napolitano consente la pacificazione"

Di Pietro: "Stiamo solo osannando un delinquente"

Craxi commemorato in Senato Schifani: "Fu vittima sacrificale"

Bobo e Stefania Craxi

ROMA - "Craxi era un uomo che sapeva decidere" e "con il suo governo, eccezionale già per la sua durata, dal 1983 al 1987, seppe restituire centralità e autorevolezza a Palazzo Chigi": lo ha detto il presidente del Senato Renato Schifani alla commemorazione del leader socialista, nel decimo anniversario della morte, alla Biblioteca del Senato. "Ruppe le gabbie del consociativismo. Il famoso decreto di S. Valentino del 14 febbraio 1984 - ha aggiunto Schifani - aprì la via a una vera politica dei redditi". E ancora: "Gli anni trascorsi ci consentono un giudizio storico più sereno e obiettivo. A ciascuno di noi il compito di riflettere su Craxi e su una stagione drammatica. Per lui non ci furono sconti, ha pagato più di ogni altro colpe che erano dell'intero sistema politico dell'epoca. Fu una vittima sacrificale".

Il numero uno di Palazzo Madama ha pronunciato queste parole nel corso di un evento affollatissimo, alla presenza di tanti personaggi importanti - a cominciare dal premier Silvio Berlusconi, che ascolta ma non interviene. Ci sono i figli Stefania e Bobo, i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti e Gianni Letta, i ministri degli Esteri Franco Frattini, della Cultura Sandro Bondi, della Funzione pubblica Renato Brunetta.

E molti altri ex socialisti, come il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto e l'ex ministro Gianni De Michelis. Per il Pd presenti il capo della segreteria politica, Filippo Penati, e la capogruppo al Senato, Anna Finocchiaro, che ha lasciato il convegno dopo l'intervento di apertura di Schifani. Conseguenza di tanto affollamento: la biblioteca del Senato non è riuscita a contenere tutti gli invitati: è stata allestita un'altra sala al primo piano.

 

Dopo Schifani ha parlato Stefania Craxi, che ha sottolineato l'importanza del messaggio del presidente della Repubblica: "Restituisce a Craxi i suoi meriti e apre la via ad una pacificazione nazionale, che è un auspicio sia di Napolitano che nostro. I provocatori sono rimasti una minoranza. Mio padre fa parte della storia positiva della nostra Repubblica". Quanto a Berlusconi, a margine del convegno ha abbracciato l'ex governatore dell'Abruzzo Del Turco, che era finito in carcere per una storia di tangenti, e gli ha detto: "Ho sofferto per te".

Ma fuori c'è tutto un altro clima. Un sit-in con l'Idv e con militanti della sinistra radicale. Di Pietro alla Camera critica "'gli osanna a un delinquente latitante''. ''Non si sta dando una lettura piu' serena di quegli anni - aggiunge - ma piu' falsa e distorta. Per questo noi oggi siamo andati a deporre un mazzo di fiori sulla tomba del papa' di Sonia Alfano, che e' stato ucciso perche' combatteva i delinquenti''. Il capogruppo dell'Idv alla Camera Donadi critica Napolitano sul suo blog: "Dissento rispettosamente, ma totalmente dalla sua lettera alla famiglia Craxi".

(19 gennaio 2010)

 

 

Il testo integrale della missiva inviata dal capo dello Stato

in occasione del decennale della scomparsa del leader socialista

La lettera di Napolitano

alla famiglia Craxi

"Cara Signora, ricorre domani il decimo anniversario della morte di Bettino Craxi, e io desidero innanzitutto esprimere a lei, ai suoi figli, ai suoi famigliari, la mia vicinanza personale in un momento che è per voi di particolare tristezza, nel ricordo di vicende conclusesi tragicamente. Non dimentico il rapporto che fin dagli anni '70 ebbi con lui per il ruolo che allora svolgevo nella vita politica e parlamentare. Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni anche sul piano istituzionale. E non dimentico quel che Bettino Craxi, giunto alla guida del Partito Socialista Italiano, rappresentò come protagonista del confronto nella sinistra italiana ed europea.

Ma non è su ciò che oggi posso e intendo tornare.

Per la funzione che esercito al vertice dello Stato, mi pongo, cara Signora, dal solo punto di vista dell'interesse delle istituzioni repubblicane, che suggerisce di cogliere anche l'occasione di una ricorrenza carica - oltre che di dolorose memorie personali - di diversi e controversi significati storici, per favorire una più serena e condivisa considerazione del difficile cammino della democrazia italiana nel primo cinquantennio repubblicano.

E' stato parte di quel cammino l'esplodere della crisi del sistema dei partiti che aveva retto fino ai primi anni '90 lo svolgimento della dialettica politica e di governo nel quadro della Costituzione. E ne è stato parte il susseguirsi, in un drammatico biennio, di indagini giudiziarie e di processi, che condussero, tra l'altro, all'incriminazione e ad una duplice condanna definitiva in sede penale dell'on. Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987. Fino all'epilogo, il cui ricordo è ancora motivo di turbamento, della malattia e della morte in solitudine, lontano dall'Italia, dell'ex Presidente del Consiglio, dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti.

 

"Si è trattato - credo di dover dire - di aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di almeno un quindicennio di vita pubblica italiana. Non può dunque venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'on. Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'Esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali.

Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere. Considero perciò positivo il fatto che da diversi anni attraverso importanti dibattiti, convegni di studio e pubblicazioni, si siano affrontate, tracciando il bilancio dell'opera di Craxi, non solo le tematiche di carattere più strettamente politico, relative alle strategie della sinistra, alle dinamiche dei rapporti tra i partiti maggiori e alle prospettive di governo, ma anche le tematiche relative agli indirizzi dell'attività di Craxi Presidente del Consiglio.

Di tale attività mi limito a considerare solo un aspetto, per mettere in evidenza come sia da acquisire al patrimonio della collocazione e funzione internazionale dell'Italia la conduzione della politica estera ed europea del governo Craxi: perchè ne venne un apporto incontestabile ai fini di una visione e di un'azione che possano risultare largamente condivise nel Parlamento e nel paese proiettandosi nel mondo d'oggi, pur tanto mutato rispetto a quello di alcuni decenni fa. Le scelte di governo compiute negli anni 1983-87 videro un rinnovato, deciso ancoraggio dell'Italia al campo occidentale e atlantico, anche di fronte alle sfide del blocco sovietico sul terreno della corsa agli armamenti ; e videro nello stesso tempo un atteggiamento "più assertivo" del ruolo dell'Italia nel rapporto di alleanza - mai messo peraltro in discussione - con gli Stati Uniti.

In tale quadro si ebbe in particolare un autonomo dispiegamento della politica estera italiana nel Mediterraneo, con un coerente, equilibrato impegno per la pace in Medio Oriente. Il governo Craxi e il personale intervento del Presidente del Consiglio si caratterizzarono inoltre per scelte coraggiose volte a sollecitare e portare avanti il processo d'integrazione europea, come apparve evidente nel semestre di presidenza italiana (1985) del Consiglio Europeo.

Né si può dimenticare l'intesa, condivisa da un arco assai ampio di forze politiche, sul nuovo Concordato: la cui importanza è stata pienamente confermata dalla successiva evoluzione dei rapporti tra Stato e Chiesa.

Numerosi risultano in sostanza gli elementi di condivisione e di continuità che da allora sono rimasti all'attivo di politiche essenziali per il profilo e il ruolo dell'Italia. In un bilancio non acritico ma sereno di quei quattro anni di guida del governo, deve naturalmente trovar posto il discorso sulle riforme istituzionali che aveva rappresentato, già prima dell'assunzione della Presidenza del Consiglio, l'elemento forse più innovativo della riflessione e della strategia politica dell'on. Craxi.

Nel quadriennio della sua esperienza governativa quel discorso tuttavia non si tradusse in risultati effettivi di avvio di una revisione della Costituzione repubblicana. La consapevolezza della necessità di una revisione apparve condivisa attraverso i lavori di una impegnativa Commissione bicamerale di studio (presieduta dall'on. Bozzi): ma alle conclusioni, peraltro discordi, di quella Commissione nel gennaio 1985 non seguì alcuna iniziativa concreta, di sufficiente respiro, in sede parlamentare. Si preparò piuttosto il terreno per provvedimenti che avrebbero visto la luce più tardi, come la legge ordinatrice della Presidenza del Consiglio e, su un diverso piano, significative misure di riforma dei regolamenti parlamentari.

Tra i problemi che nell'Italia repubblicana si sono trascinati irrisolti, c'è certamente quello del finanziamento della politica. Si era tentato di darvi soluzione con una legge approvata nel 1974, a più di venticinque anni dall'entrata in vigore della Costituzione. Ma quella legge mostrò ben presto i suoi limiti, in particolare per la debolezza dei controlli che essa aveva introdotto. Attorno al sistema dei partiti, che aveva svolto un ruolo fondamentale nella costruzione di un nuovo tessuto democratico nell'Italia liberatasi dal fascismo, avevano finito per diffondersi "degenerazioni, corruttele, abusi, illegalità", che con quelle parole, senza infingimenti, trovarono la loro più esplicita descrizione nel discorso pronunciato il 3 luglio 1992 proprio dall'on. Craxi alla Camera, nel corso del dibattito sulla fiducia al governo Amato.

Ma era ormai in pieno sviluppo la vasta indagine già da mesi avviata dalla Procura di Milano e da altre. E dall'insieme dei partiti e dei loro leader non era venuto tempestivamente un comune pieno riconoscimento delle storture da correggere, nè una conseguente svolta rinnovatrice sul piano delle norme, delle regole e del costume. In quel vuoto politico trovò, sempre di più, spazio, sostegno mediatico e consenso l'azione giudiziaria, con un conseguente brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e giustizia. L'on. Craxi, dimessosi da segretario del PSI, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona. Nè si può peraltro dimenticare che la Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo - nell'esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell'on. Craxi - ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il "diritto ad un processo equo" per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea.

"Alle regole del giusto processo, l'Italia si adeguò, sul piano costituzionale, con la riforma dell'art. 11 nel 1999. E quei principi rappresentano oggi un riferimento vincolante per la legislazione nazionale e per l'amministrazione della giustizia in Italia. Si deve invece parlare di una persistente carenza di risposte sul tema del finanziamento della politica e della lotta contro la corruzione nella vita pubblica. Quel tema non poteva risolversi solo per effetto del cambiamento (determinatosi nel 1993-94) delle leggi elettorali e del sistema politico, e oggi, in un contesto politico-istituzionale caratterizzato dalla logica della democrazia dell'alternanza, si è ancora in attesa di riforme che soddisfino le esigenze a cui ci richiama la riflessione sulle vicende sfociate in un tragico esito per l'on. Bettino Craxi.

E' questo, cara Signora, il contributo che ho ritenuto di dover dare al ricordo della figura e dell'opera di suo marito, per l'impronta non cancellabile che ha lasciato in un complesso intreccio di luci e ombre, nella vita del nostro Stato democratico.

Con i più sinceri e cordiali saluti".

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IL COMMENTO

Il gesto che Bettino non fece

di EUGENIO SCALFARI

La lettera del Presidente della Repubblica alla signora Anna Craxi nella decennale ricorrenza della morte di quello che è stato il leader del Partito socialista e capo del Governo dal 1983 all'86, non è una missiva privata. È stata pubblicamente diffusa, come è giusto che fosse trattandosi non già di condoglianze per un lutto ma di un documento mirato - come il presidente Napolitano esplicitamente scrive - "a favorire una più serena e condivisa considerazione del difficile cammino della democrazia italiana nel primo cinquantennio repubblicano". In realtà la lettera si occupa del periodo di cui Craxi fu uno dei protagonisti, né poteva essere altrimenti.

Quindi un pubblico documento che, oltre alla vedova di Bettino Craxi, è diretto all'opinione pubblica italiana, autorizzando pertanto una valutazione altrettanto pubblica del suo contenuto.

La lettera è ampia e si può dividere in due parti: la prima si occupa della politica di Craxi nei tre anni di presidenza del Consiglio; la seconda, assai più sommaria, della fase che è stata battezzata "Tangentopoli". La diversa attenzione dedicata ai due argomenti è pienamente comprensibile: si voleva in questa lettera commemorare e privilegiare gli aspetti positivi e soltanto sfiorarne quelli negativi che però non potevano esser taciuti. Anche questo criterio adottato dal nostro Presidente è pienamente accettabile; fa parte di una "pietas" che non è soltanto una privata virtù ma un elemento costitutivo d'una democrazia dove convivono valutazioni diverse e talvolta non condivise né condivisibili, sulle quali la "pietas" soffonde una virtuosa tolleranza.

Tolleranza ma non oblio, che è invece incompatibile se modifica e mistifica il passato rischiando d'inquinare il presente e di compromettere il futuro.

La ricostruzione dell'azione politica di Craxi come leader socialista e per tre anni capo del governo corrisponde alla realtà, né poteva essere altrimenti essendo stata scritta da uno dei testimoni ed attori di quei fatti: la politica estera di Craxi, mirata ad una piattaforma italiana nel Mediterraneo, alla comprensione dei bisogni e dei diritti della Palestina e del mondo arabo, accompagnata peraltro dalla difesa dello Stato d'Israele. Infine una riconfermata e leale adesione all'alleanza nord-atlantica non disgiunta da iniziative volte a dinamizzare lo sviluppo dell'Unione europea.

Tutti elementi positivi, sui quali peraltro è doveroso aggiungere che ciascuno di essi, prima di Craxi, aveva costituito l'essenza della politica estera italiana con Fanfani, con Gronchi, con Aldo Moro, con Cossiga. Nessuno di quegli elementi rappresentò dunque una novità o addirittura una discontinuità, ma semplicemente una prosecuzione.

Qualche riserva si dovrebbe viceversa formulare sul rinnovamento del Concordato con la Santa Sede. Per certi aspetti fu un aggiornamento, per altri la riconferma di privilegi di tipo "temporalistico" che potevano anzi dovevano legittimamente essere invocati dallo Stato e non lo furono affatto.

Infine la grande riforma costituzionale. Craxi ne fece la piattaforma ideologica del suo pensiero ma ne dette una sola immagine: quella di un futuro e auspicato presidenzialismo. Il presidente Napolitano ci permetterà di affermare che un conto è modernizzare la democrazia parlamentare ed un conto del tutto diverso è volerla sostituire con un assetto di tipo presidenziale.

Aggiungiamo che l'azione di Craxi per realizzare l'unità della sinistra italiana nel quadro d'una democrazia compiuta non fu particolarmente efficace.

Anche il Pci ebbe notevoli responsabilità su questo mancato obiettivo (non certo Napolitano che anzi si batté coraggiosamente per realizzarlo), ma Craxi non fu da meno finendo addirittura con lo schierarsi con la parte più conservatrice della Dc.

Infine Tangentopoli. La lettera rievoca il discorso parlamentare in cui Craxi lanciò una chiamata in correità a tutti i partiti. Tutti, disse, avevano violato la legge sul finanziamento dei partiti e tutti, a cominciare dal suo, dovevano quindi assumersene la responsabilità.

Discorso senza dubbio coraggioso se ad esso fosse seguito il necessario sbocco: la chiamata di correo è l'ammissione di un reato in questo caso particolarmente grave. Chi si avventura su quel terreno prosegue dimettendosi dalle cariche che ricopre e mettendosi a disposizione dell'autorità giudiziaria. Non lo fece nessuno, a cominciare da Craxi il quale del resto non fu semplicemente il fruitore passivo del sistema di corruttela ma ne fu un attivo organizzatore con una differenza rispetto agli altri partiti di governo: il leader del Psi non si limitò a fruire delle "dazioni" ma intervenne sulle singole imprese e sulle singole loro operazioni tassandole o facendole escludere dalle gare. Tralasciamo per carità di patria i decreti in favore di Fininvest.

Detto questo, si proceda pure alla toponomastica nei Comuni che nella loro libera capacità di decidere vogliano intestare a Craxi piazze e giardini.

Altra cosa è la condivisione politica e morale, la quale non è parcellizzabile. Si condividano i meriti e si condividano le rampogne per i reati. Dopodiché c'è la "pietas" pubblica, ma non l'oblio.

© Riproduzione riservata (19 gennaio 2010)

 

L'UNITA'

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2010-01-19

Craxi, proteste in piazza per la commemorazione al Senato

Bettino Craxi fu la "vittima sacrificale" offerta per risolvere una crisi "morale e istituzionale" che riguardò "l'intero sistema politico". Con queste parole il presidente del Senato, Renato Schifani, ha ricordato il leader socialista durante un convegno organizzato a Palazzo Madama, in occasione del decimo anniversario della morte di Craxi. A Palazzo Madama erano presenti il premier Silvio Berlusconi, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Gianni Letta, e altri politici. "A ciascuno di noi - ha detto il presidente del Senato - il compito di riflettere su Craxi". Berlusconi ha ascoltato tutti gli interventi della cerimonia ma, invitato dal moderatore Michel Martone a parlare, ha rifiutato. Berlusconi ha poi calorosamente abbracciato Stefania Craxi al termine del suo intervento.

"Stiamo osannando un delinquente latitante", ha detto il segretario dell'Idv, Antonio Di Pietro. "Non si sta dando una lettura più serena di quegli anni - ha aggiunto - ma più falsa e distorta. Per questo noi oggi siamo andati a deporre un mazzo di fiori sulla tomba del papà di Sonia Alfano, che è stato ucciso perché combatteva i delinquenti". "Un atteggiamento senza uguali ci fu - ha ribattuto Di Pietro - da parte del crimine commesso e che ha lasciato commettere. La colpa non è dei magistrati che hanno fatto il loro dovere, ma di chi ha commesso crimini senza fine".

"È davvero una vergogna la beatificazione di un pregiudicato in una sede istituzionale", ha detto il capogruppo dell'Idv al Senato Felice Belisario. "Di cattivi maestri e di una informazione distorta -prosegue Belisario- l'Italia non ha proprio bisogno, nè è consentito assolvere un latitante per assolvere un sistema politico degenerato ancora oggi e che cerca di cambiare le leggi facendo passare i ladri per guardie e le guardie per delinquenti. Siamo contro le ricostruzioni sommarie e unilaterali, ma affidiamo quella brutta pagina della storia italiana, che è seguita agli anni del terrorismo e alla morte di Aldo Moro, ad una riflessione profonda piuttosto che a un revisionismo sospetto". "Per questo -conclude Belisario - l'IdV ricorda che tra i padri della Patria ci sono, tra gli altri, Einaudi, De Gasperi, Togliatti, Nenni, Moro e tra gli esempi di eroismo Falcone, Borsellino, Impastato, Alfano e tanti altri servitori dello Stato che sono morti per la nostra Italia".

La protesta

"Caro Bettino, grazie di cuore per quello che hai fatto. Spero di avere il modo di contraccambiarti". È l'inizio di una lettera che l'attuale presidente del Consiglio scrisse a Craxi all'indomani del decreto salva-Berlusconi e che il "popolo viola", in un sit-in indetto per il "No Craxi Day" davanti a palazzo Madama, ha distribuito sotto forma di volantino proprio mentre nella biblioteca del Senato si svolgeva la commemorazione. Al presidio in Piazza Navona, tra i manifestanti vestiti di viola, anche bandiere dell'Italia dei Valori e di alcuni movimenti comunisti. Tra i volantini, anche uno che reca una doppia faccia: metà Berlusconi e meta Craxi, con la scritta "Berluscraxi".

I manifestanti hanno anche urlato ai megafoni il loro disappunto per la commemorazione dell'ex presidente del Consiglio. "Siamo contro la riabilitazione della figura di una persona morta in latitanza, così come non vogliamo che assieme alla sua figura politica venga riabilitata anche quella di Berlusconi". A proposito dell'ipotesi di intitolare una strada a Craxi, il "popolo viola" commenta: "Ci sono tanti altri personaggi cui si potrebbe intitolare".

19 gennaio 2010

 

 

 

Napolitano alla vedova Craxi: "Luci e ombre, ma impronta non cancellabile"

"Senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona". È quanto scrive il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nella lettera alla signora Anna Craxi per i dieci anni dalla morte dell'ex leader socialista.

Napolitano, nella lettera, ricorda anche una pronuncia della Corte dei Diritti dell'Uomo critica riguardo ai processi contro Craxi: secondo Napolitano non si può dimenticare "che la Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo - nell'esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell'on. Craxi - ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il 'diritto ad un processo equo' per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea".

"Non può venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'on. Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali. Il nostro stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere".

Giorgio Napolitano ricorda il "rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso" che ebbe con Bettino Craxi e dichiara che il ricordo dell'epilogo della tragica vicenda "dell'ex Presidente del Consiglio" è per lui "ancora motivo di turbamento"; fu un epilogo segnato "dalla malattia, e dalla morte in solitudine, lontano dall'Italia, dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti".

"Si è trattato, credo di dover dire, di aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che - scrive Napolitano nella lettera - impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di almeno un quindicennio di vita pubblica italiana".

Nella lettera resa nota dal Quirinale, il capo dello Stato ricorda che Bettino Craxi fu incriminato e poi riportò una "duplice condanna definitiva in sede penale", in quel "drammatico biennio". Seppur "in un complesso intreccio di luci e ombre, nella vita del nostro stato democratico", Bettino Craxi ha lasciato "un'impronta non cancellabile".

LEGGI LA LETTERA INTEGRALE

18 gennaio 2010

 

 

 

 

 

La lettera di Napolitano ad Anna Craxi - TESTO INTEGRALE

Cara Signora,

ricorre domani il decimo anniversario della morte di Bettino Craxi, e io desidero innanzitutto esprimere a lei, ai suoi figli, ai suoi famigliari, la mia vicinanza personale in un momento che è per voi di particolare tristezza, nel ricordo di vicende conclusesi tragicamente.

Non dimentico il rapporto che fin dagli anni ’70 ebbi con lui per il ruolo che allora svolgevo nella vita politica e parlamentare. Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni anche sul piano istituzionale. E non dimentico quel che Bettino Craxi, giunto alla guida del Partito Socialista Italiano, rappresentò come protagonista del confronto nella sinistra italiana ed europea.

Ma non è su ciò che oggi posso e intendo tornare.

Per la funzione che esercito al vertice dello Stato, mi pongo, cara Signora, dal solo punto di vista dell’interesse delle istituzioni repubblicane, che suggerisce di cogliere anche l’occasione di una ricorrenza carica – oltre che di dolorose memorie personali – di diversi e controversi significati storici, per favorire una più serena e condivisa considerazione del difficile cammino della democrazia italiana nel primo cinquantennio repubblicano.

E’ stato parte di quel cammino l’esplodere della crisi del sistema dei partiti che aveva retto fino ai primi anni ’90 lo svolgimento della dialettica politica e di governo nel quadro della Costituzione. E ne è stato parte il susseguirsi, in un drammatico biennio, di indagini giudiziarie e di processi, che condussero, tra l’altro, all’incriminazione e ad una duplice condanna definitiva in sede penale dell’on. Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987. Fino all’epilogo, il cui ricordo è ancora motivo di turbamento, della malattia e della morte in solitudine, lontano dall’Italia, dell’ex Presidente del Consiglio, dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti. Si è trattato – credo di dover dire – di aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di almeno un quindicennio di vita pubblica italiana.

Non può dunque venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell’on. Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico, e di uomo di governo impegnato nella guida dell’Esecutivo e nella rappresentanza dell’Italia sul terreno delle relazioni internazionali. Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere.

Considero perciò positivo il fatto che da diversi anni attraverso importanti dibattiti, convegni di studio e pubblicazioni, si siano affrontate, tracciando il bilancio dell’opera di Craxi, non solo le tematiche di carattere più strettamente politico, relative alle strategie della sinistra, alle dinamiche dei rapporti tra i partiti maggiori e alle prospettive di governo, ma anche le tematiche relative agli indirizzi dell’attività di Craxi Presidente del Consiglio. Di tale attività mi limito a considerare solo un aspetto, per mettere in evidenza come sia da acquisire al patrimonio della collocazione e funzione internazionale dell’Italia la conduzione della politica estera ed europea del governo Craxi : perché ne venne un apporto incontestabile ai fini di una visione e di un’azione che possano risultare largamente condivise nel Parlamento e nel paese proiettandosi nel mondo d’oggi, pur tanto mutato rispetto a quello di alcuni decenni fa.

Le scelte di governo compiute negli anni 1983-87 videro un rinnovato, deciso ancoraggio dell’Italia al campo occidentale e atlantico, anche di fronte alle sfide del blocco sovietico sul terreno della corsa agli armamenti ; e videro nello stesso tempo un atteggiamento "più assertivo" del ruolo dell’Italia nel rapporto di alleanza – mai messo peraltro in discussione – con gli Stati Uniti. In tale quadro si ebbe in particolare un autonomo dispiegamento della politica estera italiana nel Mediterraneo, con un coerente, equilibrato impegno per la pace in Medio Oriente. Il governo Craxi e il personale intervento del Presidente del Consiglio si caratterizzarono inoltre per scelte coraggiose volte a sollecitare e portare avanti il processo d’integrazione europea, come apparve evidente nel semestre di presidenza italiana (1985) del Consiglio Europeo.

Né si può dimenticare l’intesa, condivisa da un arco assai ampio di forze politiche, sul nuovo Concordato : la cui importanza è stata pienamente confermata dalla successiva evoluzione dei rapporti tra Stato e Chiesa.

Numerosi risultano in sostanza gli elementi di condivisione e di continuità che da allora sono rimasti all’attivo di politiche essenziali per il profilo e il ruolo dell’Italia.

In un bilancio non acritico ma sereno di quei quattro anni di guida del governo, deve naturalmente trovar posto il discorso sulle riforme istituzionali che aveva rappresentato, già prima dell’assunzione della Presidenza del Consiglio, l’elemento forse più innovativo della riflessione e della strategia politica dell’on. Craxi. Nel quadriennio della sua esperienza governativa, quel discorso tuttavia non si tradusse in risultati effettivi di avvio di una revisione della Costituzione repubblicana. La consapevolezza della necessità di una revisione apparve condivisa attraverso i lavori di una impegnativa Commissione bicamerale di studio (presieduta dall’on. Bozzi) : ma alle conclusioni, peraltro discordi, di quella Commissione nel gennaio 1985 non seguì alcuna iniziativa concreta, di sufficiente respiro, in sede parlamentare. Si preparò piuttosto il terreno per provvedimenti che avrebbero visto la luce più tardi, come la legge ordinatrice della Presidenza del Consiglio e, su un diverso piano, significative misure di riforma dei regolamenti parlamentari.

Tra i problemi che nell’Italia repubblicana si sono trascinati irrisolti, c’è certamente quello del finanziamento della politica. Si era tentato di darvi soluzione con una legge approvata nel 1974, a più di venticinque anni dall’entrata in vigore della Costituzione. Ma quella legge mostrò ben presto i suoi limiti, in particolare per la debolezza dei controlli che essa aveva introdotto. Attorno al sistema dei partiti, che aveva svolto un ruolo fondamentale nella costruzione di un nuovo tessuto democratico nell’Italia liberatasi dal fascismo, avevano finito per diffondersi "degenerazioni, corruttele, abusi, illegalità", che con quelle parole, senza infingimenti, trovarono la loro più esplicita descrizione nel discorso pronunciato il 3 luglio 1992 proprio dall’on. Craxi alla Camera, nel corso del dibattito sulla fiducia al governo Amato.

Ma era ormai in pieno sviluppo la vasta indagine già da mesi avviata dalla Procura di Milano e da altre. E dall’insieme dei partiti e dei loro leader non era venuto tempestivamente un comune pieno riconoscimento delle storture da correggere, né una conseguente svolta rinnovatrice sul piano delle norme, delle regole e del costume. In quel vuoto politico trovò, sempre di più, spazio, sostegno mediatico e consenso l’azione giudiziaria, con un conseguente brusco spostamento degli equilibri nel rapporto tra politica e giustizia.

L’on. Craxi, dimessosi da segretario del PSI, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l’esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona.

Né si può peraltro dimenticare che la Corte dei Diritti dell’Uomo di Strasburgo – nell’esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell’on. Craxi – ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il "diritto ad un processo equo" per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea.

Alle regole del giusto processo, l’Italia si adeguò, sul piano costituzionale, con la riforma dell’art. 11 nel 1999. E quei principi rappresentano oggi un riferimento vincolante per la legislazione nazionale e per l’amministrazione della giustizia in Italia.

Si deve invece parlare di una persistente carenza di risposte sul tema del finanziamento della politica e della lotta contro la corruzione nella vita pubblica. Quel tema non poteva risolversi solo per effetto del cambiamento (determinatosi nel 1993-94) delle leggi elettorali e del sistema politico, e oggi, in un contesto politico-istituzionale caratterizzato dalla logica della democrazia dell’alternanza, si è ancora in attesa di riforme che soddisfino le esigenze a cui ci richiama la riflessione sulle vicende sfociate in un tragico esito per l’on. Bettino Craxi.

E’ questo, cara Signora, il contributo che ho ritenuto di dover dare al ricordo della figura e dell’opera di suo marito, per l’impronta non cancellabile che ha lasciato, in un complesso intreccio di luci e ombre, nella vita del nostro Stato democratico.

Con i più sinceri e cordiali saluti

 

 

Giorgio Napolitano

18 gennaio 2010

 

 

Bettino, brigante o leader? La parola agli storici...

di Pietro Spatarotutti gli articoli dell'autore

Un brigante o un grande leader? Parlare di Craxi Benedetto, detto Bettino, a dieci anni dalla morte vuol dire fare ancora i conti con questi opposti sentimenti. Ma sotto l’urto delle passioni è difficile fare il bilancio di un’esperienza politica che ha segnato un quindicennio della storia d’Italia. Quando nel luglio del ’76 a 42 anni Craxi espugna il Midas e diventa segretario di un Psi agonizzante è quasi uno sconosciuto. C’è chi, come Fortebraccio sull’Unità, lo definisce "Nihil, il signor Nulla" e chi, dentro il suo partito, pensa che sia solo una soluzione di transizione. Sbaglieranno tutti, perché l’uomo è determinato, aggressivo, spregiudicato: sa che la partita è difficile e vuole giocarla a tutto campo, senza mediazioni. "Primum vivere" dice ai suoi.

"SENZA ANDARE PER IL SOTTILE... "

A Gerardo Chiaromonte, allora nella segreteria del Pci, che lo incontra qualche giorno dopo l’elezione dice: "Impiegherò ogni mezzo, senza andare per il sottile pur di salvare il Psi". Il suo obiettivo, nel momento in cui il Pci è al suo massimo storico e la Dc resiste e insieme hanno il 70% dei voti, era di rompere l’assedio. Contendere a Berlinguer l’egemonia a sinistra e alla Dc il ruolo di governo.

La storia del Psi di Craxi non è lineare. Possiamo dire che ci sono tre fasi: l’ascesa e la conquista del partito, la scalata di Palazzo Chigi, la bufera di tangentopoli e la fuga. "La prima fase - spiega lo storico Miguel Gotor - è segnata dal dinamismo e dall’innovazione sul piano culturale". È la fase in cui Craxi, oltre a ritagliarsi un ruolo autonomo (come fu la linea trattativista contro la linea della fermezza di Pci e Dc durante il sequestro Moro) lancia la sfida teorica al Pci. La rivista "Mondoperaio" diventa il pensatoio del nuovo corso e pubblica i saggi di Bobbio su democrazia e socialismo. Si mette in soffitta Marx e si tira fuori Proudhon, l’Espresso pubblica un lungo saggio di Craxi intitolato "Il vangelo socialista" e sull’Avanti si lancia la Grande Riforma. È una fase ricca di fermenti che dura quattro anni. Fino all’80, quando il Psi torna al governo con la Dc del preambolo che fa fuori Zaccagnini e ripristina l’esclusione del Pci. Come scrive Guido Crainz da lì lentamente Craxi diventa uno "spregiudicato alfiere dei nuovi ceti emergenti, portavoce di una modernità senza regole e senza principi". Aggiunge Giorgio Ruffolo nel suo ultimo libro Un paese troppo lungo: "Ebbe un comportamento corsaro. Svanì la sua capacità di percepire le domande nuove. Si legò al Caf e poi ebbe un ruolo di primo piano in tangentopoli".

Sono gli anni del governo, quelli in cui si costruisce il sistema di potere socialista: enti, ministeri, banche, assessorati, ospedali. Dovunque il Psi conquista spazi enormi. Si parla di onda lunga, il partito vive sopra le sue possibilità e si aggregano alla corte di Craxi giovani rampanti e affaristi spregiudicati. Si mettono in piedi faraonici congressi (la piramide di Panseca). Il Psi entra con prepotenza nella stanza delle tangenti e diventa il referente principale del sistema. Il trionfo sembra inarrestabile. E nell’agosto del 1983 Craxi diventa il primo presidente del consiglio socialista. "Quel governo - dice Emanuele Macaluso - fu uno dei migliori, basti ricordare i ministri: Spadolini, Visentini, Martinazzoli, Scalfaro". Aggiunge Gotor: "In quella fase Craxi ebbe delle intuizioni, soprattutto in politica estera e basta ricordare Signonella". La sua azione sarà caratterizzata, però, da un decisionismo senza freni (tentazioni presidenzialiste e limitazione del Parlamento) che porterà allo scontro finale con il Pci di Berlinguer. Accade quando il premier decide con decreto di tagliare la scala mobile.

BETTINO ED ENRICO

Craxi e Berlinguer. Due leader così diversi che difficilmente potevano incontrarsi. L’uno arrogante e impulsivo, l’altro timido e riflessivo. L’uno attratto dalla politica spregiudicata, l’altro convinto della centralità della questione morale. Ma non è solo questo. "Craxi e Berlinguer si danno i pugni - spiega Gotor - perché hanno strategie diverse". Il Pci impegnato a costruire il compromesso storico, il Psi in campo per l’alternativa socialista. Poi, quando il Pci, dopo l’assassinio di Moro e il fallimento della solidarietà nazionale, lancia l’alternativa democratica, Craxi sposa la governabilità e il rapporto con la Dc. "Diciamo la verità - aggiunge Macaluso - c’è stata tra Craxi e Berlinguer una reciproca volontà di prendere strade non convergenti. Con Craxi a Palazzo Chigi anche i timidi tentativi di dialogo si chiusero. Ricordo che Lama fu l’unico nel Pci a fare un’apertura nei confronti della presidenza socialista. E ricordo anche che nell’80 quando in un’intervista lanciai la proposta di ritornare alla solidarietà nazionale ma con un presidente del consiglio socialista ci fu una nota di Botteghe Oscure che disse che quelle erano opinioni personali".

SCALA MOBILE, CHE SCONTRO

Berlinguer è inflessibile. Forse aveva capito meglio di altri il pericolo del gioco di Craxi, la sua politica senza principi. E temeva che potesse cambiare la leadership della sinistra. "Ma quel timore - dice Macaluso - fu malgestito, anche con scelte esagerate". Lo scontro più duro fu proprio sulla scala mobile. Berlinguer non ne volle sapere di mediazioni e andò al referendum. E per il Pci fu una sconfitta pesante. Ci si arrivò senza Berlinguer che era morto e che subì, qualche settimana prima, anche l’affronto volgare dei fischi al congresso socialista di Verona e il commento di Craxi: sapessi fischiare avrei fischiato io...

L’onda socialista, mentre finiscono gli anni ottanta, non sembra andare da nessuna parte. Craxi esce da Palazzo Chigi, spuntano i primi arresti, i primi avvisi di garanzia. Ma il leader socialista non capisce più cosa succede nel mondo e in Italia. "Nell’89 - è la tesi di Ruffolo - poteva spezzare il blocco della democrazia e favorire l’alternanza". Il fatto è che Craxi non capì fino in fondo l’89 e cosa significasse il crollo di quel muro. "Non lo capì - conferma Macaluso - poteva incassare la vittoria della fine del comunismo e rilanciare l’unità della sinistra". Invece Craxi si inventa l’unità socialista, una sorta di sfida annessionistica al Pci. Il leader socialista non capisce nemmeno quel che ormai si muove nella società italiana. Avversa il referendum sulla preferenza unica nel ’91 invitando gli elettori ad andare al mare. L’Italia sta cambiando, la spinta contro le degenerazioni della questione morale denunciate da Berlinguer è fortissima, appare la Lega che già nel ’92 conquista 82 parlamentari. Il resto è storia giudiziaria. Le inchieste, gli atti d’accusa, il mandato di arresto, la fuga ad Hammamet, le condanne. La fine ingloriosa.

TANTI FALLIMENTI

Dieci anni dopo però è il fallimento politico di Craxi che appare più evidente. "Non aveva un progetto politico", dice Ruffolo, e questa fu la vera causa del suo declino. Non riuscì a conquistare l’egemonia della sinistra ridimensionando il Pci perché alla fine, ossessionato dai comunisti, distrusse un partito con una grande storia come quello socialista e contribuì alla crisi di tutta la sinistra. Non riuscì nemmeno a contrastare più di tanto il potere Dc che infatti tornò dopo di lui fino al crollo di tangentopoli. Non riuscì a cambiare l’Italia e a far emergere la parte innovativa dei nuovi ceti a cui aveva guardato all’inizio e si legò ai circuiti affaristi delle clientele e della corruzione. E alla fine fu lui a spianare la strada a Silvio Berlusconi e in qualche modo all’Italia di oggi.

Di questo, a dieci anni dalla morte, si dovrebbe discutere con serenità e senza passioni opposte. "C’era una volta Bettino Craxi", titolò questo giornale il giorno in cui si dimise da segretario.

Appunto: c’era una volta un uomo che voleva conquistare il potere, rinnovare la sinistra e cambiare il suo paese ma alla fine confuse i brutti mezzi con i buoni fini e fu travolto dalla macchina che aveva messo in piedi senza mai raggiungere l’obiettivo. Dunque: fu un grande leader?

17 gennaio 2010

 

 

La riconciliazione dei Craxi

di Natalia Lombardotutti gli articoli dell'autore

Nella tre giorni di commemorazioni di Bettino Craxi quello di ieri è sembrato un momento di conciliazione tra passato e presente. "Apprezzo il messaggio di Napolitano, leggerò quello che scriverà, comunque è un bel segno": Anna Craxi, la vedova, uscendo dall’Eglise, la piccola chiesa cattolica di Hammamet dove ieri pomeriggio è stata celebrata una messa in memoria del leader socialista, saluta tutti con affetto. "E’ successo quello che sarebbe dovuto accadere è venuta tanta gente, come in questi anni. Nelle polemiche italiane però non vuole entrare: "Qui non mi sono mai accorta di nulla perché qui Bettino l’hanno amato col cuore, anche chi è venuto".

Saluta tutti con cortesia, un po’ piu di circostanza l’abbraccio con Gianni De Michelis, piu’ caldo quello con Rino Formica. Ci sono il ministro Sacconi e Margherita Boniver, Brunetta ha mandato in delegazione la fidanzata.

In questa tre giorni tuffata negli steccati del passato almeno una barriera di divisione i casa socialista si è abbassata. Un abbraccio commosso tra Bobo e Stefania, la sera prima nella casa dove il padre visse sei anni fino alla morte. In chiesa c’era solo lui, perché Stefania accoglieva il ministro Frattini, con il quale ha partecipato a un incontro con il mnistro degli Esteri tunisino.

Già ieri al cimitero cristiano c’è stata una processione di persone sulla tomba di Craxi. C’è chi ha portato garofani rossi dall’Italia. Paolo Pillitteri, ex sindaco di Milano che in chiesa era accanto alla sorella Anna al quale dieci anni fa i giudici no dettero il permesso di espatriare per venire ai funerali in Tunisia.

16 gennaio 2010

 

 

 

 

Garofani rossi e "berluscones" L'eredità di Craxi divide i nostalgici

di Natalia Lombardotutti gli articoli dell'autore

Bettino non avrebbe mai voluto essere riabilitato dai suoi carnefici": è palpabile la rabbia che trasuda dai fedelissimi dell’ex leader socialista, venuti ancora una volta ad Hammamet, quest’anno per la celebrazione dei dieci anni dalla morte. Una pioggia triste e insolita bagna la terra tunisina, un grigio contrasto con i sentimenti laceranti che ancora suscita la figura di Bettino Craxi.

Sull’altra sponda del Mediterraneo vive l’altra faccia di "monsieur le president" amato dai tunisini che ancora oggi mantengono il suo ritratto alle pareti nei caffè de La Medina, o vestito da combattente tra le palme, nel ristorante Sidi Slim dove veniva tre volte alla settimana e beveva il Muscat de Keliba. Qui lo consideravano "a casa, non in esilio. Amava i bambini e ai piccoli venditori di gelsomini dava sempre un po’ di soldi" raccontano. Bambini ventenni, adesso che le polemiche non si sono fermate, anzi si sono riaccese in questo che Stefania chiama "tsunami mediatico", anche positivo "per non chiudere il caso". Con la sua Fondazione ha organizzato dei charter del pellegrinaggio. In volo Pietro Coppola, anziano avvocato venuto con la moglie da Lecce, indossa come una bandiera una sciarpa rossa. "Qui c’è molto inquinamento, troppi berluscones per me, che mi considero un Turatiano". Tornano in molti, uniti da una comune nostalgia per i tempi forse più che per l’uomo. C’è Umberto Cicconi, il fotografo che ha creato l’icona Craxi, un’immagine coltivata tanto quella di Berlusconi. C’è Onofrio Pirrotta, giornalista del Tg2 che lo seguiva ovunque e che ancora scherza: "Passami l’olio... " come disse Craxi allo scalpitante Giovanni Masotti che corse a prendere l’ampolla in un ristorante.

Ci sono i socialisti cullati nel berlusconismo ma anche chi guarda con distacco al premier. E certo nessuno, neppure i figli pur divisi, lo considerano l’erede. I "carnefici", raccontano l’avvocato Roberto Ruggiero e Marcello Sorrentino, sono i giudici che ancora oggi "usano la giustizia come lotta politica". Per non parlare di Antonio Di Pietro. "Andreotti s’è fatto processare perché aveva l’immunità a vita" e rispetto a Berlusconi "Bettino non aveva la forza di contrastare la giustizia ad personam con leggi ad personam". Il finanziamento illecito? "Era un sistema", e pesa ancora il "silenzio assordante" dell’aula della Camera quando "nessun democristiano parlò, dopo il discorso di Bettino". L’innovatore, "quello che ha avviato la concertazione con la scala mobile e il Pci di Berlinguer non accettò "per fare il c... a Craxi", così la vedono. Non sarebbe tornato in Italia "perché l’avrebbero ucciso", dicono entrambi e si chiedono "perché non si parla mai di chi lo aiutò a prendere quell’aereo?". Quello che il 5 maggio 1994 portò Craxi e la moglie Anna a Tunisi per andare nella casa di Hammamet, allora un’oasi scoperta nel ’66. "Non pensava che non sarebbe mai tornato in Italia, o almeno a noi non lo disse", racconta Stefania.

Le separazioni si stratificano: le diaspore socialiste, la frattura intima tra lei e Bobo, fratello minore. Ora si trovano insieme nella casa sulla collina dove la signora Anna mantiene la riservatezza di una vestale della memoria e la normalità di una vita da tunisina. C’è chi dice che potrebbe venire a Roma martedì forse per andare da Napolitano, ma i due figli assicurano che non si muoverà da lì. E già da ieri sera nella casa madre sono ospiti il ministro Brunetta e la "fidanzata", Sacconi è in albergo ma si ritroveranno a cena lì. Bobo affronta il caso in modo "laico", dice, Stefania "vorrebbe essere sotto un divano" invece è sulla ribalta: "Per vent’anni ho cercato di dimostrare che non ero la figlia di Craxi, ora passo la vita a dimostrare che lo sono". Ha invitato Bersani, apprezza le aperture di Castagnetti; dal Pd si aspettano tutti una lettura politica e non giudiziaria del caso Craxi.

Divise anche le commemorazioni in due albergoni di Hammamet: via vai di centrodestra con Stefania all’Hotel Mehari, il fronte di centrosinistra con Bobo e Riccardo Nencini, che ne ha organizzata una per martedì a Marhaba Palace. La frattura si ricomporrà nei luoghi sacri, una messa oggi alle sei nella chiesa cattolica di Hammamet dove dieci anni fa fu celebrato il funerale, e domani mattina il ricordo sulla tomba bianca al cimitero cristiano, dove il custode distribuisce "santini" con il volto di Craxi in una litografia di Deanna Frazin. Il ministro Frattini fa qui una tappa del tour africano, un incontro con il ministro degli Esteri tunisino insieme a Stefania Craxi (sottosegretario) e poi tutti e due negli studi di Nessma, la tv satellitare di Tarak Ben Hammar, la cui bella giornalista corteggiata dall’irriducibile cavaliere è già al lavoro. Certo, per dirla con Rino Formica, che verrà per la cerimonia, "qui i morti sono vivi e i vivi sono morti". Ovvero "senza prospettiva politica" così la legge Bobo.

16 gennaio 2010

 

 

Hammamet, i segreti di Craxi

Arrivava quasi ogni sera 'Chez Achour', il ristorante a due passi dalla medina di Hammamet. Ferid, il proprietario amico dal '73, aspettava Bettino Craxi e insieme sedevano sotto l'eucalipto nel patio. Il leader socialista cominciava scherzando, si faceva raccontare novità e gossip del villaggio. Ma poi, come una fissazione che il tempo e la distanza ingigantiscono, finiva per parlare dell'Italia. "Un giorno mi disse: 'L'Italia è finita perché la magistratura ha messo il naso nel potere e nella politica. Ma la magistratura deve essere apolitica", ricorda a quasi 15 anni di distanza l'amico tunisino. Andare sulle tracce di Craxi ad Hammamet è un viaggio a tappe dove il passato vive nella memoria dei suoi abitanti: il bar nel centro storico dove la foto di Craxi è ancora appesa sopra il registratore di cassa, il giornalaio, dove l'ex presidente del consiglio comprava il Corriere della Sera e la Gazzetta dello Sport, qualche bottega nel bazar visitata più per passare il tempo che per fare acquisti. Craxi era gentile con tutti ma pochi erano gli amici fidati con i quali passare il tempo e anche sfogarsi. Uno di questi è Ferid, così vicino alla famiglia che al funerale del leader socialista, nel 2000, sedeva nelle prime file "proprio accanto - specifica il tunisino - a Silvio Berlusconi". Quasi fino alla fine, quando il diabete gli aveva attaccato i reni e indebolito il cuore, Craxi non perse l'abitudine di cenare 'Chez Azour' o da Eddie, l'altro amico proprietario del ristorante 'La Scala'.

"Il vero Bettino - spiega Ferid, soprannominato da Craxi "il mafiosetto" per il suo spirito imprenditoriale - aveva grandi qualità ed era un politico che vedeva molto lontano. Dicono che ha rubato ma io son sicuro di no. Una cosa è il fatto che, se vuoi fare un partito, ci vogliono soldi ma questo è così in tutto il mondo, altra è che prendesse soldi per sè. Ma ha visto la casa ad Hammamet? È semplicissima, non c'è niente di valore e qui, al ristorante, non faceva banchetti: un pesce con l'insalata, qualche volta la zuppa". Nei racconti dei tunisini, è come se l'Italia per Craxi si dividesse in due parti, "chi lo amava e i sabotatori". E in due tempi, prima di Tangentopoli e dopo la bufera del '92. A chi lo ascoltava descriveva così la sua parabola: "Noi politici facciamo la nostra partita. O vinci o perdi. Io ho fatto il mio gioco fino a quando la magistratura non mi ha fermato". Non c'era, nei suoi racconti, il pm Antonio Di Pietro o il pool di Mani Pulite, c'era solo la magistratura. "Non dava importanza alle persone o ai singoli - spiega Ferid - e questa era la sua forza". Anche il proprietario di 'Chez Achour' non si è sottratto al rito del ritratto. Un quadro che ritrae il 'Cinghialone', come Vittorio Feltri soprannominò Craxi, è appeso sopra al tavolo, sempre lo stesso, dove il presidente del Psi sedeva, con le spalle al muro nell'angolo della sala principale. Una prova di amicizia ma anche un omaggio ai consigli imprenditoriali, nei quali l'ex premier si cimentava con il ristoratore. "Era un nazionalista - spiega il tunisino - e, con il suo piglio deciso, mi convinse a comprare frigoriferi e forni non in Spagna o Francia ma in Italia perché era più vicina e economica. In ogni caso l'Italia ce l'aveva dentro".

12 gennaio 2010

 

 

 

Craxi, il ricordo al Senato

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19 gennaio 2010

Bettino Craxi (Ansa)

La commemorazione di Craxi

Stefania Craxi: "Importante la lettera di Napolitano"

Napolitano: "Su Craxi è ora di un bilancio non acritico, ma sereno"

"Dai nostri archivi"

Ad Hammamet il ricordo di Craxi. Frattini: "Dovere morale contro il giustizialismo"

A dieci anni dalla morte, Bettino Craxi è stato ricordato in una sede istituzionale, la Biblioteca del Senato, in una manifestazione organizzata dalla Fondazione che porta il suo nome.

Il saluto del presidente del Senato, Renato Schifani, non si è fermato alla ritualità della circostanza, ma è entrato nel vivo della biografia di una figura decisiva nella storia politica recente.

Schifani, ascoltato in prima fila dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che ha evitato ogni commento, ha indicato in Craxi una "vittima sacrificale" della tragedia di Tangentopoli, abbandonato al suo destino da "un ceto politico intimorito ed esausto". Per Schifani "quella esperienza, ed anche la sua tragica conclusione, ci deve essere oggi di monito, innanzitutto quanto alla necessità di portare a compimento la lunga transizione, ridefinendo con un metodo condiviso un nuovo sistema di regole". Parole impegnative, scelte con cura da Schifani per gettare un ponte ideale fra le intuizioni riformatrici di Craxi e la necessità di portare a termine oggi quel ciclo lasciato incompiuto dal leader socialista.

Seduti fra il pubblico c'erano, fra gli altri, la presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro, il capo della segreteria del partito, Filippo Penati e il leader dell'Udc, Pier Ferdinando Casini.

Al messaggio di Schifani si è ricollegata Stefani Craxi, sottosegretario agli Esteri, per ricordare che se la stagione delle riforme "porterà i suoi frutti vorrà dire che vedremo germogliare molti semi sparsi da Craxi tanti anni fa". "Mi auguro che in suo nome si possa lavorare - ha aggiunto - perchè le idee di Craxi appartengono a tutta la nazione".

Stefania Craxi ha ringraziato il presidente del Senato Renato Schifani per aver ospitato l'evento di questa mattina: "È un riconoscimento che mi ripaga di tante amarezze". Quindi per smentire le "molte falsità" che ancora si rincorrono sul padre, ha ricostruito la sua attività politica individuando nel "risanamento economico il suo capolavoro": "non è vero che lo fece aumentando il debito pubblico", ha precisato.

Il punto più alto della sua tragedia "fu proprio essersi messo contro il pensiero marxista - è la chiosa di Stefania - che aveva occupato le università, contagiato gli intellettuali e anche una parte dei cattolici".

Non poteva mancare un richiamo al messaggio fatto pervenire dal presidente Napolitano alla moglie di Craxi, Anna. La figlia, Stefania, ha detto di augurarsi, come è negli auspici di Napolitano, che nel nome di Craxi "si potrà lavorare per oltrepassare quella sorta di cultura di guerra, che è alla base, oggi, del linguaggio politico italiano. Nell'esilio di Hammamet Craxi dirà di aver cercato per tutta la vita, senza trovarla, una maggioranza in grado di realizzare la Grande Riforma. Oggi il momento sembra arrivato: auguriamoci che il risultato sia pari alle attese".

Anche il figlio dell'ex segretario socialista sottolinea che "le parole del capo dello Stato chiudono in parte e definitivamente una pagina di storia e aprono una riflessione politica che vale per il futuro". È come se il messaggio mandato ad Hammamet, Giorgio Napolitano "lo avesse inviato alle Camere", ha detto Bobo Craxi. "Siamo orgogliosi che ciò sia avvenuto perchè parla al sistema politico e agli italiani".

Tante, e con poche differenze, le voci ascoltate nella sala della Biblioteca del Senato. Identità di vedute fra il segretario della Uil, Luigi Angeletti, e il ministro della Funzione pubblica, Renato Brunetta, nell'indicare il decreto sulla scala mobile del febbraio 1982 e nel successivo referendum del 1984, uno dei "capolavori" politici di Craxi, che osò sfidare, in nome della modernizzazione, una parte della Cgil e del Pci, fermamente contrari al taglio di tre punti di scala mobile. Il profilo internazionale di Craxi e la sua capacità di intuire le linee di forza sullo scacchiere mondiale sono stati sottolineati dal ministro degli Esteri. Franco Frattini ha indicato nella politica mediorientale del leader socialista, di sostegno alla causa palestinese e di solidarietà allo Stato di Israele, uno dei punti di forza dei suoi governi. Insieme alla lealtà all'alleanza occidentale, misurata dal dispiegamento degli euromissili, ma senza mai venir meno alla difesa della dignità nazionale, come dimostrò l'episodio di Sigonella allorchè i carabinieri fronteggiarono i marines che volevano prelevare il terrorista palestinese Abu Abbas.

Bobo Craxi ha sottolineato la presenza al convegno del capo della segreteria politica del Pd, Filippo Penati e della capogruppo dei democratici al Senato, Anna Finocchiaro, per affermare che "il messaggio del Capo dello Stato apre anche per loro la necessità di una riflessione".

"Si può anche combattere e discutere a sinistra ma - avverte - non si possono espellere le idee del socialismo democratico di Craxi perchè rimane aperta la questione di comefar rivivere le sue idee che non sono separabili da quelle del socialismo riformista".

 

 

Napolitano: "Su Craxi è ora di un bilancio non acritico, ma sereno"

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18 gennaio 2010

DOCUMENTI / La lettera di Napolitano ad Anna Craxi

Ad Hammamet il ricordo di Craxi. Frattini: "Dovere morale contro il giustizialismo"

Craxi: una storia socialista

Bettino Craxi nella storia anche con i suoi errori

Foto / Craxi la vita per immagini

"Dai nostri archivi"

Napolitano: "No a riforme miopi a colpi di maggioranza"

Napolitano e Fini: serve coesione nell'interesse del Paese

Napolitano, priorità i giovani e la crescita del Sud. Riforme "con misura e realismo"

Napolitano: "Riforme mirate, ma il clima non è propizio"

Napolitano: "Terrorismo: mai dimenticare,ma superare ogni rancore"

 

"Ho ritenuto di dover dare al ricordo della figura e dell'opera di suo marito" un contributo "per l'impronta non cancellabile che ha lasciato, in un complesso intreccio di luci e ombre, nella vita del nostro Stato democratico". Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha scritto una lettera alla vedova di Bettino Craxi, signora Anna, resa nota dal Quirinale.

Il Capo dello Stato ricorda nelle quattro pagine della lettera l'attività politica di Craxi invitando a un giudizio "sereno" per quanto "non acritico" dall'esponente socialista, mette in guardia da "rimozioni e distorsioni" che lo Stato non si può permettere, osserva che Craxi pagò "con una durezza senza eguali" le responsabilità che gli furono attribuite per i fenomeni degenerativi del sistema politico.

Per il capo dello Stato "non può venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'on. Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'Esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali. Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere".

"Senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona", scrive il presidente della Repubblica.

Napolitano, nella lettera, ricorda anche una pronuncia della Corte dei Diritti dell'Uomo critica riguardo ai processi contro Craxi. Secondo il capo dello Stato non si può, infatti, dimenticare "che la Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo - nell'esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell'on. Craxi - ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il "diritto a un processo equo" per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea".

Napolitano ricorda il "rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso" che ebbe con Bettino Craxi e dichiara che il ricordo dell'epilogo della tragica vicenda è per lui "ancora motivo di turbamento". Fu un epilogo segnato "dalla malattia, e dalla morte in solitudine, lontano dall'Italia, dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti".

"Si è trattato, credo di dover dire, di aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che - scrive Napolitano nella lettera alla signora Anna Craxi - impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di almeno un quindicennio di vita pubblica italiana". (N.Co.)

18 gennaio 2010

 

 

 

19 Gennaio 2010

IL RICORDO

Craxi commemorato in Senato

Schifani: "Vittima sacrificale"

"Craxi era un uomo che sapeva decidere" e "con il suo governo, eccezionale già per la sua durata, dal 1983 al 1987, seppe restituire centralità e autorevolezza a Palazzo Chigi": lo ha detto il presidente del Senato Renato Schifani alla commemorazione del leader socialista, nel decimo anniversario della morte, in corso alla Biblioteca del Senato. "Ruppe le gabbie del consociativismo. Il famoso decreto di S. Valentino del 14 febbraio 1984 - ha aggiunto Schifani - aprì la via a una vera politica dei redditi". E ancora: "Gli anni trascorsi ci consentono un giudizio storico più sereno e obiettivo. A ciascuno di noi il compito di riflettere su Craxi e su una stagione drammatica. Per lui non ci furono sconti, ha pagato più di ogni altro colpe che erano dell'intero sistema politico dell'epoca. Fu una vittima sacrificale".

Il numero uno di Palazzo Madama ha pronunciato queste parole nel corso di un evento affollatissimo, alla presenza di tanti personaggi importanti - a cominciare dal premier Silvio Berlusconi, che ascolta ma non interviene. Ci sono i figli Stefania e Bobo, i sottosegretari alla Presidenza del Consiglio Paolo Bonaiuti e Gianni Letta, i ministri degli Esteri Franco Frattini, della Cultura Sandro Bondi, della Funzione pubblica Renato Brunetta.

E molti altri ex socialisti, come il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto e l'ex ministro Gianni De Michelis. Per il Pd è presente il capo della segreteria politica, Filippo Penati, e la capogruppo al Senato, Anna Finocchiaro, che ha lasciato il convegno dopo l'intervento di apertura di Schifani. Conseguenza di tanto affollamento: la biblioteca del Senato non è riuscita riesce a contenere tutti gli invitati ed è stata allestita un'altra sala al primo piano.

Dopo Schifani ha parlato Stefania Craxi, che ha sottolineato l'importanza del messaggio del presidente della Repubblica: "Restituisce a Craxi i suoi meriti e apre la via ad una pacificazione nazionale, che è un auspicio sia di Napolitano che nostro. I provocatori sono rimasti una minoranza. Mio padre fa parte della storia positiva della nostra Repubblica".

 

 

 

 

18 Gennaio 2010

LETTERA

Napolitano: "Non sia distorta

la figura politica di Craxi"

Nella vicenda politica, ed umana,di Bettino Craxi il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, ravvisa "aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di almeno un quindicennio di vita pubblica italiana". Napolitano lo afferma in una lettera indirizzata alla vedova di Bettino Craxi, Anna Craxi, in occasione della ricorrenza del decimo anniversario del lader socialista."Non può dunque venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'onorevole Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'Esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali. Il nostro Stato democratico non può consentirsi - ammonisce Napolitano - distorsioni e rimozioni del genere".

"L'onorevole Craxi, dimessosi da segretario del Psi, fu investito da molteplici contestazioni di reato. Senza mettere in questione l'esito dei procedimenti che lo riguardarono, è un fatto - sottolinea Napolitano - che il peso della responsabilità per i fenomeni degenerativi ammessi e denunciati in termini generali e politici dal leader socialista era caduto con durezza senza eguali sulla sua persona". "Nè si può peraltro dimenticare - aggiunge Napolitano - che la Corte dei Diritti dell'Uomo di Strasburgo, nell'esaminare il ricorso contro una delle sentenze definitive di condanna dell'onorevole Craxi, ritenne, con decisione del 2002, che, pur nel rispetto delle norme italiane allora vigenti, fosse stato violato il "diritto ad un processo equo" per uno degli aspetti indicati dalla Convenzione europea. Alle regole del giusto processo, l'Italia si adeguò, sul piano costituzionale, con la riforma dell'articolo 11 nel 1999. E quei principi rappresentano oggi un riferimento vincolante per la legislazione nazionale e per l'amministrazione della giustizia in Italia".

Napolitano, poi, sottolinea che "si deve invece parlare di una persistente carenza di risposte sul tema del finanziamento della politica e della lotta contro la corruzione nella vita pubblica. Quel tema non poteva risolversi solo per effetto del cambiamento (determinatosi nel 1993-94) delle leggi elettorali e del sistema politico, e oggi, in un contesto politico-istituzionale caratterizzato dalla logica della democrazia dell'alternanza, si è ancora in attesa di riforme che soddisfino le esigenze a cui ci richiama la riflessione sulle vicende sfociate in un tragico esito per l'onorevole Bettino Craxi".

Nella lettera Napolitano esamina ampiamente il quindicennio divita pubblica italiana che ha visto Craxi protagonista: "Non dimentico il rapporto che fin dagli anni '70 ebbi con lui per il ruolo che allora svolgevo nella vita politica e parlamentare. Si trattò di un rapporto franco e leale, nel dissenso e nel consenso che segnavano le nostre discussioni e le nostre relazioni anche sul piano istituzionale. E non dimentico quel che Bettino Craxi, giunto alla guida del Partito Socialista Italiano, rappresentò come protagonista del confronto nella sinistra italiana ed europea", esordisce Napolitano, dopo aver manifestato la sua "vicinanza personale" ad Anna Craxi ed ai suoi figli. "Ma non è su ciò che oggi posso e intendo tornare - prosegue Napolitano - Per la funzione che esercito al vertice dello Stato, mi pongo, cara Signora, dal solo punto di vista dell'interesse delle istituzioni repubblicane, che suggerisce di cogliere anche l'occasione di una ricorrenza carica, oltre che di dolorose memorie personali, di diversi e controversi significati storici, per favorire una più serena e condivisa considerazione del difficile cammino della democrazia italiana nel primo cinquantennio repubblicano".

Napolitano, che al termine della lettera sottolinea, di Craxi, la "impronta non cancellabile che ha lasciato,in un complesso intreccio di luci e ombre, nella vita del nostro Stato democratico", rileva poi che parte del cammino dell'Italia nel primo cinquantennio repubblicano è stato "l'esplodere della crisi del sistema dei partiti che aveva retto fino ai primi anni '90 lo svolgimento della dialettica politica e di governo nel quadro della Costituzione. E ne è stato parte il susseguirsi, in un drammatico biennio, di indagini giudiziarie e di processi, che condussero, tra l'altro, all'incriminazione e ad una duplice condanna definitiva in sede penale dell'ononorevole Bettino Craxi, già Presidente del Consiglio dal 1983 al 1987".

"Fino all'epilogo, il cui ricordo è ancora motivo di turbamento, della malattia e della morte in solitudine, lontano dall'Italia, dell'ex Presidente del Consiglio, dopo che egli decise di lasciare il paese mentre erano ancora in pieno svolgimento i procedimenti giudiziari nei suoi confronti", aggiuge Napolitano,

inserendo qui l'osservazione che "si è trattato, credo di dover dire, di aspetti tragici della storia politica e istituzionale della nostra Repubblica, che impongono ricostruzioni non sommarie e unilaterali di

almeno un quindicennio di vita pubblica italiana. Non può dunque venir sacrificata al solo discorso sulle responsabilità dell'onorevole Craxi sanzionate per via giudiziaria la considerazione complessiva della sua figura di leader politico, e di uomo di governo impegnato nella guida dell'Esecutivo e nella rappresentanza dell'Italia sul terreno delle relazioni internazionali. Il nostro Stato democratico non può consentirsi distorsioni e rimozioni del genere".

"Considero perciò positivo il fatto - prosegue Napolitano - che da diversi anni attraverso importanti dibattiti, convegni di studio e pubblicazioni, si siano affrontate, tracciando il bilancio dell'opera di Craxi, non solo le tematiche di carattere più strettamente politico, relative alle strategie della sinistra, alle dinamiche dei rapporti tra i partiti maggiori e alle prospettive di governo, ma anche le tematiche relative agli indirizzi dell'attività di Craxi Presidente del Consiglio. Di tale attività mi limito a considerare - evidenzia Napolitano - solo un aspetto, per mettere in evidenza come sia da acquisire al patrimonio della collocazione e funzione internazionale dell'Italia la conduzione della politica estera ed europea del governo Craxi: perchè ne venne un apporto incontestabile ai fini di una visione e di un'azione che possano risultare largamente condivise nel Parlamento e nel paese proiettandosi nel mondo d'oggi, pur tanto mutato rispetto a quello di alcuni decenni fa".

 

 

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